pubblico qui un bel contributo di Aldo Zanchetta sulle prossime elezioni europee, ricco di informazioni e di spunti di riflessione
HO FATTO I COMPITI A CASA PRIMA DI ANDARE A VOTARE
Anch’io ho dovuto fare i compiti a casa. Dopo molte schede bianche alle politiche, questa volta voglio rifare la crocetta, e farla bene, non scarabocchiata di corsa. Perciò mi sono letto per giorni e giorni un sacco di commenti e analisi politiche, sull’Italia, sull’Europa e sull’universo mondo, visto da destra e da sinistra (si fa per intenderci).
Mi sono rinfrescato su come funziona l’Unione Europea, ho ripercorso la storia dei trattati, rivisto i vincoli imposti da questi, quelli presenti e quelli futuri. Insomma, ho fatto i compiti a casa con un “Bignami”. Ho poi ripensato a tanti eventi del nostro paese, a tanti incontri fatti, a tante conoscenze. Insomma, ho fatto il possibile per sperare di votare bene.
Una premessa necessaria
Tutti noi sappiamo che il parlamento europeo è, fra le varie istituzioni dell’U.E., quella che conta meno, avendo solo una funzione consultiva. Forse è per questo che ce lo fanno votare, come contentino e parvenza di democrazia. In tempi di competizione globale, mica si può lasciare il timone ai cittadini! Ci vogliono mani esperte, che diamine!
Tutte le altre istituzioni europee, quelle che hanno poteri decisionali o gestionali (Consiglio d’Europa, Commissione europea, Banca centrale etc.) non vengono votate dai cittadini, ma dai governi. E una in particolare, la BCE, la si è resa indipendente anche da questi. Una soluzione bizzarra per una Europa che si vuole essere “dei popoli”.
A scanso di equivoci, questo ce lo ha ricordato nei giorni scorsi il rappresentante di uno dei “poteri forti”, il presidente del Consiglio europeo Van Rompuy, in una intervista al Süddeutschen Zeitung: “C’è sempre stata scarsa partecipazione alle elezioni europee, dal 1979 ad oggi, ben prima della crisi finanziaria e della euro-crisi. I cittadini non erano così interessati perché queste (le elezioni europee) non hanno alcuna influenza sul loro quotidiano”. Del resto basta ricordare il “pilota automatico” di Mario Draghi: ”E’ la democrazia, è qualcosa che ci sta a cuore e i mercati lo sanno” rassicurando il “mercato” che “l’Italia prosegue sulla strada delle riforme”, perché ormai è stato inserito “il pilota automatico”.
Questo è il grado di fiducia e di libertà lasciato agli/alle cittadini/e europei/e. Allora è inutile andare a votare? Certo no, a mio parere, e cercherò di spiegarlo. Anzi, ho deciso di tornare a votare e spero che altrettanto facciano molti di quel 25% di “disaffezionati cronici”.
“Eurottimisti” vs “euroscettici”
Molti media (e i loro “ispiratori”) vorrebbero ridurre a questa alternativa l’essenza del processo elettorale europeo. Due aggettivi vaghi e confusi che fanno all’uopo: confondere le idee.
Gli eurottimisti (circa il 50%?) sono coloro che hanno ricavato benefici o che non hanno subito danni (per ora) oppure quelli che ancora non hanno capito che il progetto elaborato per la prima volta a Ventotene da Spinelli e Rossi è solo un lontano ricordo e che l’Europa reale di oggi, quella della “competizione globale”, è tutt’altra cosa. A disorientare ancora di più una parte consistente dell’elettorato sono una selva sigle e inglesismi incomprensibili (Fiscal compact, two pack, six pack, ERF, ESM etc).
Il gruppo “euroscettici” include al suo interno posizioni assai differenziate, da quelle di coloro che intendono “trattare” coi “poteri forti” (in primis la Merkel) per una Europa “meno austera”, a quelli che si pongono la domanda “euro si o euro no?”. O più radicalmente: “Europa si o Europa no”?
Quelli che lottano per un’Europa meno austera non si pongono il problema di un cambiamento dello stravolto progetto di un’Europa di “pace e giustizia”. Questa Europa, iper-liberista e iper-competitivista, non più democratica, in fondo sta loro bene, purché un po’ meno austera. E consenta con ciò un po’ di crescita. Amen. (Per saperne di più vedi Urgenti problemi di governance europea, di Sebastiano Fadda.
Quelli che si concentrano sull’euro, anche se con solide ragioni, anche loro non discutono le fondamenta che sono state costruite in corso d’opera. Una Europa monolitica, con forte accento tedesco, dove non c’è spazio per le culture, le economie, le pratiche sociali dei diversi nuclei componenti. Profumo d’impero.
Ogni buon muratore sa che fra ricostruire una casa semi-diroccata o finire di demolirla per ricostruirla ex-novo, la seconda soluzione è la più realista.
Il percorso neoliberista dell’Europa
Dal Manifesto di Ventotene al Fiscal Compact. Una trasformazione strada facendo da suscitare l’invidia del celebre mago Houdini! Il tutto attraverso una serie di trattati ciascuno compiente un passo verso lo smantellamento dei diritti sociali: Trattato di Roma (1957), Atto Unico (1987), Trattato di Maastricht (1992), Trattato di Lisbona (2009), Fiscal Compact (2012).
Siamo così giunti all’Europa “sociale” di oggi: Seimila suicidi in Grecia dall’inizio della crisi, uno sfratto ogni 15 minuti in Spagna, disoccupazione totale mai così alta (oltre il 12%), disoccupazione giovanile alle stelle (59% in Grecia, 53,9 in Spagna, 42,9 in Italia…).
Certo, a distanza di tempo mi rendo conto che di questo siamo colpevoli anche noi cittadini, avendo delegato ogni volta a rappresentarci partiti trasformati ogni giorno di più in comitati di affari in combutta fra loro. Ma non è troppo tardi per correggere i propri errori: queste elezioni ce ne offrono la possibilità.
Un piccolo quadro della vita quotidiana a Bruxelles: banane corte e cetrioli troppo curvi
Consentitemi un bozzetto di vita quotidiana nella “capitale” dell’Europa
“In un’area di pochi kilometri quadrati, nel cuore di Bruxelles e vicino alle istituzioni europee, hanno i propri uffici fra 15mila e 30mila professionisti di alto livello (avvocati, pubblicisti, “esperti”…) ben remunerati […] che in gran maggioranza rappresentano e difendono i grandi poteri economici e sociali dell’Europa e del mondo. In totale sono presenti più di 1.500 lobbies industriali e varie centinaia di uffici di consulenza per “affari pubblici”, oltre agli uffici delle 500 grandi multinazionali che dispongono di un servizio proprio di sponsorizzazione a Bruxelles.”
Il loro compito è quello di orientare, quando non di preparare, le minute delle leggi che la grande tecnocrazia dell’U.E. promulga, sui grandi temi come sui più minuti, sfociando talora nel ridicolo: il diametro minimo e massimo dei piselli commerciabili, la lunghezza minima delle banane, l’incurvatura massima ammessa per i cetrioli, e così via. E’ facile immaginare che solo una grande industria può dotarsi dell’impianto di selezione automatica dei piselli secondo il diametro o di misura della curvatura dei cetrioli, mettendo fuori gara i piccoli produttori. Per 2 minuti di relax prima di proseguire vedi “La direttiva Ue sulla curvatura del cetriolo compie 25 anni” …
Anni fa qualcuno tentò di sollevare il problema degli alti funzionari dell’U.E. che dopo aver legiferato in settori importanti, finivano successivamente assunti dalle imprese sottoposte alle normative emanate. Disegnate su misura? Per commissione? Chi sa?
Verso le elezioni
Quelli in alto, visto la protesta che cresce, sono preoccupati dell’esito del voto e stanno sparando tutte le loro cartucce facendosi il segno della croce. Il messaggio che diffondono è: la crisi è ormai superata, la Grecia dopo 8 anni ha visto il PIL ricrescere (uno 0,6% tutto artificioso e comunque da rapportare al 25% perduto dal 2008 per cui per tornare con questo ritmo ai livelli pre-crisi occorreranno solo 40 anni!), il Portogallo è tornato a finanziarsi sul mercato, il nostro spread mai così basso da anni, e la gente, nel lungo ponte di maggio, è tornata a spendere. E così via. Ah, dimenticavo fra gli assi nella manica gli 80 euro di Renzi.
Ma il diavolo sta nei dettagli e i dati del PIL del primo trimestre, sia a livello europeo che nazionale, hanno mostrato che le bugie hanno le gambe corte. Panico.
Il voto del 25 maggio
Beh, il discorso è complesso e la sintesi necessariamente brutale. Chiedo scusa. Sembra certo che cresceranno gli “euroscettici” (radicali, moderati o buonisti). Quanto? Fino a conquistare il 30% dei seggi, si dice. Che succederà? Quasi niente. Il Parlamento, lo abbiamo detto all’inizio, non ha poteri reali. Un 30% frazionati fra euroscettici di destra e euroscettici di sinistra, e questi a loro volta divisi al proprio interno fra “no-euristi” e “trattativisti”. In ogni caso l’antidoto è già pronto: la “grosse koalition” dei “socialisti” (Schultze) + i “popolari” (Junker) con verdi e liberaldemocratici di riserva.
Qualche buffetto sulle guance degli euroscettici moderati (quelli che pensano di essere abbastanza forti da trattare ma che, non avendo letto L’arte della guerra di Sun Tzu, hanno annunciato già prima la loro mossa: “non usciremo né dall’UE né dall’euro” spuntando così la loro lancia). Forse verrà concessa qualche commissione di studio coi soliti “esperti” (chi la nega, una commissione di studio?), per tirare le cose alle lunghe e poi, all’improvviso, zac, due sorpresine già cucinate e rinviate diplomaticamente al dopo-elkezioni: il TTIP e l’ERF.
Oh mamma, di nuovo con le sigle!. E che sono? Sarebbe impietoso chiedere alla maggioranza degli elettori, già traumatizzati dal ricordato universo di sigle e di inglesismi, di andare a votare sapendo che sono il TTIP o l’ERF. Per i forti di spirito però ci proviamo.
Il TTIP (Trattato Transatlantico per il Commercio e gli Investimenti) allineerà molte, anzi tutte le legislazioni europee a quelle statunitensi, per facilitare il commercio e gli investimenti. Così addio alle restrizioni sulle importazioni di carne agli ormoni o di prodotti transgenici dagli Stati Uniti e dintorni. Come pure alle normative ambientali, ai diritti dei lavoratori etc. “Come ammettono anche i funzionari delle due parti, lo scopo primario del TTIP non è di stimolare gli scambi attraverso l’eliminazione delle tariffe fra l’UE e gli USA poiché queste sono già a livelli minimi. Il fine principale del TTIP è, come essi stessi confermano, l’eliminazione di “barriere” normative che limitano i profitti potenzialmente realizzabili dalle società transnazionali a est e a ovest dell’Atlantico”[1]. Naturalmente ci sarà un tribunale internazionale e sovranazionale per risolvere eventuali vertenze, tipo il CIADI, il tribunale “privato” della Banca Mondiale. Secondo quali criteri opererà? Una delle recenti sentenze di questo tribunale “privato”, cui gli stati dovranno sottostare, ha condannato il governo uruguayano a pagare alla Philips Morris un indennizzo di 2 milioni di $ per avere scritto sui pacchetti di sigarette “nocive alla salute”, spaventando i compratori e quindi danneggiando le vendite. Per saperne di più vedi ad es. Lori Wallach.
L’ERF, ovvero il Fondo di Redenzione del Debito (ironia dei nomi!). Una commissione europea, in cui non è stato incluso alcun italiano, è al lavoro e ha già pronto il piatto avvelenato. I paesi con rapporto debito/pil superiore al 60% depositeranno questa eccedenza in un fondo comune europeo impegnandosi a pagarlo alle scadenze fissate. Beh, ma non è il Fiscal Compact? Proprio no. Intanto perché dovremo consegnare una garanzia reale pari al 20% dell’eccedenza (oro della Banca d’Italia, ipoteca sul Colosseo, o che altro…?).
Ma non basta. Dovremo consentire che l’ammontare delle scadenze eventualmente non pagata (“non onorate”, in gergo) venga prelevato automaticamente e prioritariamente dalle entrate fiscali del paese, che andranno così direttamente all’ERF senza passare da Roma. Come a “monopoli”. Non vi sentite un po’ schiavi incatenati? Volete saperne di più? Leggete Claudio Borghi Aquilini
Però uscire dall’euro è terrorizzante! Restiamo, restiamo!
Resterebbe da riflettere sul problema della sudditanza militare dell’UE agli Stati Uniti tramite la NATO, che ci porterà forse un giorno non lontano a scontrarci militarmente con la Russia e poi con la Cina. Ma sto andando oltre.
Voglia o non voglia, queste elezioni hanno una forte valenza anche italiana. Cerchiamo di capirla.
Scenari
Non auspico un nazionalismo sciovinista bensì il ritorno a una sovranità nazionale dignitosa e responsabile. Questa Unione Europea non lo consente e sta distruggendo l’idea stessa di Europa per lungo tempo.
Mi obiettano: ma uscire dall’euro tornando alle monete nazionali riscatenerebbe la concorrenza a oltranza fra gli Stati. Rispondo: in realtà la concorrenza selvaggia fra gli stati dell’U.E., se non sono orbo, la hanno scatenata proprio il Trattato di Lisbona e l’euro. Del resto il problema di stabilire una concorrenza regolata e non sfrenata l’aveva risolto lo SME, il Serpente monetario europeo, che dal 1979 al 1998, cioè per ben 19 anni, ha regolato onorevolmente i rapporti di competitività fra gli stati aderenti. Un po’ di economisti, ultimo l’artefice italiano dell’adesione all’euro, Romano Prodi, praticano svergognatamente il terrorismo disinformativo. Ci fosse “un giudice a Berlino” (Bertold Brecht) dovrebbe occuparsene per false comunicazioni sociali,
no?
Come detto non credo che la nuova configurazione del Parlamento europeo cambierà molto lo stato attuale delle cose. Quello che non accadrà a Bruxelles potrebbe però accadere a livello di uno o più dei tre stati più forti dell’U.E. dopo la Germania.
Il Front National di Marie Le Pen in Francia, l’UKIP di Nigel Farage in Gran Bretagna e l’M5S di Grillo in Italia sono accreditati oggi tutti intorno al 25%, ma con possibilità di recupero nell’ampio bacino degli indecisi e soprattutto di quelli orientati al non voto.
Se uno o più di loro arrivasse al 30% potrebbe diventare il primo partito a livello nazionale, e questo potrebbe cambiare lo scenario delle relazioni all’interno dell’Europa. L’Inghilterra, dove gli euro-tiepidi sono numerosissimi, potrebbe essere spinta a “navigare verso l’oceano” (Churchill), quello atlantico. In Francia il traballante Hollande potrebbe essere costretto a chiedere all’UE di ritrattare molte cose, come la sua situazione economica sembra ormai esigere.
E in Italia?
Un 30% a Grillo significherebbe un testa a testa con Renzi e il conseguente abbraccio di questi con Forza Italia potrebbe non essere sufficiente a evitare le elezioni anticipate, e comunque a prendere le distanze dalla Germania. E l’incrinatura di questa Unione Europea potrebbe diventare una crepa progressiva, tanto da costringere a demolire il caseggiato pericolante e a ricostruirne da capo uno nuovo, avendo fatto tesoro degli errori fatti.
Ora sono fermamente convinto che in Italia sia necessario un cambiamento radicale. Innanzi tutto un risveglio etico che spazzi via una rete di interessi consociativi profondamente radicati. Leggere l’editoriale in prima pagina de Il fatto quotidiano di ieri domenica 18 maggio è impressionante: un lungo elenco di politici quasi di ogni tinta coinvolti in fatti giudiziari. Il caso Expò lo dimostra ma è solo una finestra aperta fra le tante ancora chiuse. Ho detto “quasi” perché non ci sono personaggi “a cinque stelle” coinvolti.
In politica non esistono verità assolute né certezze, ma valutazioni ponderate. Non sono un fan di Grillo, molti suoi atteggiamenti non mi piacciono, e spesso neppure il suo linguaggio. Ma faccio una valutazione politica del M5S.
Chi altri se non il M5S può avere oggi in Italia la forza morale e i numeri necessari per una azione decisa contro il malaffare politico/economico? Un qualificato collaboratore di Enrico Berlinguer ha dichiarato sabato che il M5S è il legittimo erede della sua “questione morale”. Gli sono state rovesciate addosso molte critiche ed è sottoposto alla disinformazione più vergognosa, ma nessuno ha potuto negare che i suoi parlamentari siano persone per bene. Come i suoi “militanti”.
Magari inesperti di politica. Ma mi pare stiano crescendo, e mi risulta che anche alla base ci sia un forte impegno per crescere nella consapevolezza dei problemi. Uno dei miei maestri di vita mi ha insegnato che in politica occorre guardare e valutare soprattutto i processi in corso più che i fatti presi a se stanti. Un movimento che è cresciuto così tanto in tempi così brevi non può essere “nato imparato”. E ha condotto ad oggi una vera opposizione anche se con talune contraddizioni, dimostrandosi però capace di correzioni. In verità anche sulla UE emerge qualche contraddizione. Seguiamone però la crescita con attenzione, con spirito critico certo, e costruttivo, ma non malevolenza.
Altra considerazione. Si è detto che il M5S rappresenta l’antipolitica. Falso. L’antipolitica è rappresentata da chi ha disgustato milioni e milioni di elettori, non chi ne ha recuperata una gran parte portando in Parlamento persone nuove, gente comune, che ha una faccia e un linguaggio comuni, come la maggioranza dei cittadini, che possono capire quello che loro dicono. Nagel e Le Pen porteranno nel parlamento europeo un’ondata di rappresentanti dell’estrema destra. La sinistra europea, dimentica che l’essenza del socialismo è la “giustizia sociale” (Teodor Shanin), non ha saputo intercettare la protesta che monta.[2] Se in Italia la Lega non si è unita a questo preoccupante processo, lo dobbiamo al M5S. O no?
E la lista Tsipras? mi si obietterà. Leggo sul web “ Ecco perché voto Tsipras. 12 risposte alle obiezioni più frequenti”. Risposte deboli e contraddittorie. Non mi ci soffermo. Ritengo che questa lista abbia il fiato corto e una vita non lunga. Nata in fretta, mi ricorda un po’ la nascita della Sinistra Arcobaleno e successivamente della Lista Ingroia[3]. Ha al suo interno anime disomogenee. Afferma di essere una lista non partitica e di avere, al contrario del M5S, una rete di alleanze europee. La prima è vera a metà. Circa le alleanze europee sono tutte con partiti della sinistra, altrettanto disomogenei e minoritari, con progetti unitari sempre disattesi.
Ho già detto che penso che i cambiamenti relativi alla UE, se verranno, non verranno dalla composizione del parlamento europeo (salvo sorprese al momento improbabili) ma da tre nuove situazioni nazionali, fra cui quella italiana. Cambiare la nostra situazione interna italiana è anche contribuire a cambiare quella dell’attuale U.E.
Non credo che a livello italiano la lista Tsipras avrà un peso significativo, pur superando, come gli auguro, la soglia di sbarramento, come pure mi auguro che risultino eletti i suoi nomi migliori. La speranza alla mia età di vedere, prima di morire, spazzata via una classe politica meno che mediocre e più che corrotta, viene dal M5S. Speranza ho scritto, e ragionata, ma non certezza. E’ invece certo che chi ha governato il paese negli ultimi anni e continua a governarlo completerà il disastro già portato a buon punto. Per cui ogni possibilità di fermarli realmente, è benvenuta.
Aldo Zanchetta 8.05.14
POST SCRIPTUM
Un aiuto alla memoria: la svendita dell’Italia (che un forte successo del M5S potrebbe fermare?)
L’intrepido governo Renzi deve compiere la sua missione prima di essere spodestato e perciò prepara in fretta il completamento dello smantellamento delle società pubbliche italiane. Non è un’ipotesi: Poste e Enav già annunciate, Finmeccanica, Eni, Ferrovie riconfermate ieri dal trombettiere Padoan.
Un ripasso della svendita del paese può essere utile.
La svendita iniziò il 2 giugno 1992 con l’incontro sul Panfilo Britannia ancorato al largo di Civitavecchia, ospitante la Regina d’Inghilterra. Invitati italiani: Draghi, allora direttore generale del Tesoro, Azeglio Ciampi, in qualità di governatore della Banca d’Italia, Beniamino Andreatta, Carlo Galli e un centinaio tra rappresentanti della finanza anglosassone americana (Barclays, Warburg, azionista della Federal Reserve, PricewaterhouseCoopers – ex Coopers & Lybrand – Barings – oltre alla Goldman ecc.) e degli ambienti industriali e politici italiani. Favole? Accreditate, dopo anni, anche da Il Sole/24 h.[4] Chi sono gli “incappucciati dell’economia” che hanno dissipato patrimonio pubblico dell’Italia. I nomi e cognomi sono scritti a chiare lettere in molti libri in commercio[5]: Romano Prodi, Carlo Azelio Ciampi, Giuliano Amato, Mario Draghi…
Romano Prodi all’IRI ( 1982-1989 e 1993-1994) cede a privati 29 aziende del gruppo fra cui l’Alfa Romeo, liquida Finsider, Italsider e Italstat. Di infausta memoria la discussa svendita SME. In questo Prodi fu ben aiutato da Mario Draghi Direttore generale del Tesoro (1991-2001) e Presidente del Comitato Privatizzazioni (1993-2001). Nel 1997, con Prodi, ora presidente del consiglio, è la volta della Telecom, presieduta da Guido Rossi, azienda fiorente ceduta a “capitani coraggiosi” (D’Alema dixit) che la hanno spolpata. Romano Prodi: secondo il Daily Telegraph è stato sul libro paga della Goldman una prima volta tra il 1990 e il 1993 e poi di nuovo dopo il 1997.
Un posto d’onore nella svendita del paese va riservato però anche a Ciampi e all’immarcescibile Amato.
“Ah, i privati, quelli sì che sanno gestire l’economia!”. Un altro mito da sfatare. L’anno prima era stata privatizzata Alitalia. Questa volta poi ci mise successivamente mano anche il governo Berlusconi (2008) completando il disastro che in questi giorni conclude ingloriosamente la “italianità” dell’azienda.
Mario Draghi tra il 2002 e il 2005 è stato vice presidente della Goldman Sachs International. Nel 2005 la Goldman Sachs dette alla Grecia gli strumenti finanziari indispensabili per nascondere i debiti e entrare nell’euro. (Da Le Monde)
(Altri noti “impiegati” italiani della Goldman: Mario Monti, Gianni Letta)
SECONDO POST-SCRIPTUM
Tutto il dibattito sulla situazione è comunque viziato da una omissione fondamentale: il fatto che la “crescita” è finita, mentre invece domina l’assunto che, per uscire dalla presente situazione, occorre ritrovare la crescita. Forse c’è ancora spazio per una “crescitina” artificiosa, roba per un pugno di anni. Ma nulla di più. Occorre trovare nuovi paradigmi culturali, sociali, ambientali. Cioè una rivoluzione nel pensiero. In questo forse il M5S ha qualche possibilità in più di altri. Ma è un discorso inagibile in tempi di elezioni.
_____
[1] John Illary “Il Partenariato Transatlantico per il Commercio e gli Investimenti”, marzo 2014. A cura dell’Ufficio di Bruxelles del Rosa Luxemburg Stiftung.
[2] Sull’ascesa dell’estrema destra in Europa vedi: Ignacio Ramonet, ¿Por qué sube la extrema derecha en Europa?
[3] Una piccola digressione personale. Il mio sdegno per il meschino progetto della Sinistra Arcobaleno mi costò alcune amicizie. Altrettanto accadrà ora con questa presa di posizione. Amen.
[4] Debora Billi, “Il Sole 24 Ore sdogana il Britannia” del 15 settembre 2011
[5] Bruno Amoroso L’Euro in bilico. Lo spettro del fallimento e l’ inganno della finanza globale (2011), pag 75 e segg.; Nino Galloni Chi ha tradito l’economia italiana? Come uscire dall’emergenza; Giulio Sapelli L’inverno di Monti. Il bisogno della politica. Etc